Il Brigante Gasbarrone
Antonio Gasbarone nasce a Sonnino nel 1793. Nel 1814 uccide colui che gli ha negato la mano della propria amata, (in quanto fratello di brigante). Questo è il primo gesto che lo porta ad aderire al Brigantaggio. Diviene presto capobanda.
La storia
A 10 anni perde il padre, Rocco, a 15 anni la madre, Faustina, rimanendo con il fratello Gennaro e con le sorelle Settimia e Giustina. Passava il tempo con le mandrie al pascolo, vedendo spesso passare le bande dei briganti. Si diede al brigantaggio uccidendo il fratello della donna che aveva chiesto in sposa, ma fu rifiutato dalla famiglia di lei poiché ritenuto fratello di brigante. Inizialmente egli fece parte di una banda calabrese, e successivamente riuscì ad organizzare una banda tutta sua (1814) insieme a Alessandro Massaroni e Bartolomeo Varrone, ambedue di Vallecorsa. Nel 1818 fu persuaso da un prelato, il cardinale Ettore Consalvi, a Sezze ad abbandonare il brigantaggio e si consegnò allo Stato Pontificio insieme ad altri 12 compagni. Viene alloggiato a Castel S. Angelo 1818, dove in seguito sposa Demira. Nel 1819 viene spedito a Cento (FE) con la moglie, mentre il cognato viene spedito a Comacchio (FE). Qui nacque il suo primo figlio. Dopo poco tempo i due tentarono la fuga, e, rispettivamente, Gasbarrone arrivò a Sonnino, il cognato invece fu giustiziato a Bologna per omicidio. Nel frattempo Diomira morì di parto del secondo figlio dopo una lunga malattia, e qualche mese dopo la segui anche il figlio. Qui si riunì alla banda di Massaroni. Nel 1820 fu amnistiato suo fratello Gennaro, un anno dopo, nel giugno del 1821 muore Massaroni e Gasbarrone scappa in Abruzzo. Nel 1823 muore Pio VII e diviene Papa Leone XII. In questo periodo, fu di nuovo arrestato il fratello Gennaro e portato a Civitavecchia, insieme agli altri amnistiati. Nel 1825, Papa Leone XII, a conoscenza dell'opera di San Gaspare del Bufalo, inviò don Pietro Pellegrini, vicario generale di Sezze, a trattare la resa di Gasbarrone. Il luogo deputato fu la Chiesa della Madonna della Pietà. Dopo nove giorni (19 settembre 1825), Gasbarrone decise di arrendersi, insieme ad altri 8 compagni, tra cui Pietro Masi. Tre giorni dopo rimise piede a Castel S. Angelo. Dopo 8 mesi fu trasferito nel carcere di Civitavecchia, qui per 7 anni rimase isolato dagli altri, in seguito fu trasferito a Spoleto e poi a Civitacastellana. Rimase in carcere fino al 1870 quando fu liberato all'età di 77 anni, in seguito all'Unità d'Italia. Visse un periodo a Trastevere, tentò di ritornare nel proprio paese natale ma non fu accolto molto bene e fu mandato in un ospizio ad Abbiategrasso. Qui morì il 1 aprile del 1882, all'età di 89 anni.
La fama del mitico brigante è nota anche oltralpe; a Parigi viene pubblicata la vita di Antonio Gasperoni di Pietro Masi (1867). Gasbarrone è colui che ha visto prostrati ai suoi piedi principi e signori, ricchi sfondati che sfruttavano i poveri Cristi; è colui che ha realizzato una «rivincita» contro le umiliazioni dei potenti: «Ha umiliato i ricchi - dicono ancora i più anziani- e ha difeso i poveri. Se ha ucciso qualche poveraccio, questi era reo di delazione, colpa che non era ammissibile agli occhi del brigante sonninese. Chi fa la spia campa poco. Ha tolto poi ai ricchi e ha dato ai poveri».
Il suo teschio, il suo fucile e i suoi abiti sono conservati nel Museo di antropologia criminale "Cesare Lombroso" di Torino.